L'incredibile Hulk è calabrese: il nonno dell'attore Mark Ruffalo originari di Girifalco


I familiari dell'attore americano, candidato anche ai Premi Oscar nel 2011 come migliore attore protagonista, è originario del comune in provincia di Catanzaro. Molte le pellicole che lo hanno reso famoso

 

hulk calabria

GIRIFALCO (CZ) - Mark Ruffalo, l'attore americano che ha interpretato l'incredibile Hulk in The Avengers, è di origini calabresi. Precisamente girifalcesi. La conferma arriva anche da Wikipedia. Ruffalo nasce nel Winsconsin da Marie Rose Hebert, di professione parrucchiera e Frank Lawrence Ruffalo, pittore edile.

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Suo padre e uno dei nonni erano di origini italiane, precisamente di Girifalco in provincia di Catanzaro e suo nonno materno era di origini franco-canadesi. Inizia a recitare al cinema alla fine degli anni novanta. Ottiene il successo con Zodiac, Shutter Islan e I ragazzi stanno bene: pellicola per la quale riceve una nomination ai Premi Oscar 2011 come migliore attore non protagonista.

San Francesco di Paola

San-Francesco-viaggia-nello-StrettoIl miracolo dell’attraversamento dello stretto sul mantello. La fama della sua santità inizia nel 1435, quando decide di ritirarsi in un terreno di proprietà della sua famiglia, suscitando grande stupore fra i concittadini per l’austerità della sua vita. Saranno anni che lo forgeranno alla contemplazione, al lavoro, alla solitudine e alle privazioni e mortificazioni corporali. Ben presto iniziarono ad affluire al suo eremo molte persone, desiderose di averlo come guida spirituale e di condividere lo stesso austero genere di vita.  Con i primi discepoli, egli costruisce alcune cellette ed una minuscola cappella, ove si radunano in preghiera. Questi romiti di Paola, vestiti di sacco e privi di ogni umano conforto, diventano promotori di chiese e conventi in tutta la Calabria, e anche in Sicilia, a Milazzo. All’espansione in Sicilia, e in particolare, al passaggio dello stretto di Messina, è legato un miracolo che avvicinerà per sempre la figura di Francesco di Paola alla gente di mare: si recò sulla sponda calabrese dello stretto in compagnia di due discepoli, qui il Santo chiese ad un barcaiolo, tal Pietro Colosa, di traghettarlo “per amor di Dio” sulla sponda siciliana. Il barcaiolo si rifiutò di farlo senza un compenso e il Santo, non perdendosi d’animo, stese il suo mantello sull’acqua e vi montò sopra con i suoi due compagni. Così, spinto dolcemente dalla corrente e aiutandosi col suo bastone a mo’ di remo, approdò in Sicilia.

L'oracolo di Capo Vaticano


oracolo-capo-vaticanoA lungo considerato luogo inaccessibile e sacro, Capo Vaticano, con il suo promontorio magico, si affaccia sul mar Tirreno nella provincia calabrese di Vibo Valentia. La magia salta agli occhi già dal nome: Vaticano deriverebbe infatti dal latino Vaticinium, che significa oracolo, responso, a rievocare una leggenda che vuole la punta estrema del promontorio abitata dalla profetessa Manto. A lei si sarebbero rivolti i naviganti prima di avventurarsi tra i vortici di Scilla e Cariddi e lo stesso Ulisse, scampato agli scogli del pericolo, avrebbe chiesto auspici a Manto circa la prosecuzione del suo viaggio. Ricorda le antiche origini di questo mito anche lo scoglio che sta davanti al capo e porta il nome di Mantineo, dal greco Manteuo, dò responsi. Sotto il promontorio si distendono spiagge di sabbia bianca e finissima, lambite da un’acqua cristallina. Tra le spiagge più suggestive Torre Ruffa, teatro di una triste e leggendaria vicenda. Rapita dai Saraceni, la bella e fedele vedova Donna Canfora si sarebbe gettata dalla loro nave al grido: “Le donne di questa terra preferiscono la morte al disonore!”. Proprio per onorarne il sacrificio il mare cangia colore ad ogni ora ad assumere tutte le sfumature dell’azzurro velo che ne cingeva il capo, mentre l’eco delle onde che s’infrangono contro la battigia altro non sarebbe che lo struggente lamento con cui Donna Canfora saluta ogni notte la sua amata terra.
Pagine piene d’amore furono invece dedicate a questa terra dal veneto Giuseppe Berto che scelse Capo Vaticano per dimora e definì questo tratto di litorale “Costabella”, molto contribuendo allo sviluppo turistico della zona.
Un tempo arido e selvaggio, oggi il promontorio è un giardino incantevole, un affaccio naturale sul mare con una delle viste più sorprendenti sulle isole Eolie.....

La Fata Morgana 

Morgana2Se in una calda giornata estiva, passeggiando sullo splendido lungomare reggino che D'Annunzio definì "il più bel chilometro d'Italia", vi capitasse di vedere paesi e palazzi della costa siciliana deformarsi e specchiarsi tra cielo e mare, vicini a tal punto da distinguerne gli abitanti, non dovete impressionarvi. Siete solo vittime di un incantesimo. E' la Fata Morgana, un fenomeno ottico simile a un miraggio che si può osservare dalla costa calabra quando aria e mare sono immobili. La leggenda racconta che anche Ruggero I d'Altavilla fu incantato dal sortilegio. Per indurlo a conquistare la Sicilia, con un colpo di bacchetta magica la Fata Morgana gliela fece apparire così vicina da poterla toccare con mano. Ma il re normanno, sdegnato, rifiutò di prendere l'isola con l'inganno. E così, senza l'aiuto della Fata, impiegò trent'anni per conquistarla.

La pietra del diavolo

pietradiavoloSul monte che sovrasta la cittadina di Palmi, un uomo dal volto nero, con un gran sacco sulle spalle, si presentò al Santo Elia, che se ne stava in solitaria meditazione. L’uomo, che era il diavolo, aprì il sacco e mostrò al Santo una grande quantità di monete.

Raccontò che aveva trovato l’ingente fortuna in un casolare abbandonato e pensava di poterla dividere col Santo, il quale, invece, prese le monete e cominciò a lanciarle lungo la china: mentre rotolavano si tramutavano in pietre nere, di quelle che ancora oggi si possono reperire sul monte.
Contrariato, il diavolo balzò in piedi, ma, all’improvviso, alle sue spalle si aprirono due grandi ali nere di pipistrello, con le quali egli si alzò in volo, planò sul mare e vi si tuffò sprofondando.

Le acque gorgogliarono e schiumarono, si innalzò una nuvolaglia e, quando questa si fu dileguata, ecco che sul mare si delineò un’isola a forma di cono, dalla cui sommità incavata uscivano lingue di fuoco e fumo: era lo Stromboli col demonio imprigionato che soffiava fiamme e tuoni.

Sul monte Sant’Elia si trova ancora un macigno con le impronte di unghie lasciate dal diavolo, prima di spiccare il volo per inabissarsi nel mare, mentre lo Stromboli, nei chiari tramonti, continua con fare sornione a fumare la sua antica pipa.

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